Una volta sono stato invitato “…ad una Performance in una bellissima villa che ospita un Istituto Culturale. Una Associazione privata ma con partecipazioni ufficiali da parte del Patrocinio della Cultura americano del Nord-Carolina, però gestito da un privato che è anche il proprietario della villa che ospita l’evento…” .
Così me l’hanno spiegata.
La villa era un’opera d’arte.
Un palazzetto bianco e beige del ‘700, circondato da un giardino all’italiana verde pisello e verde smeraldo.
Entro nell’opera d’arte cercando l’opera d’arte.
Passo alcune stanze ricche di arredi, poi svolto e mi trovo in una stanza bianca, grande, piena di gente in piedi, la maggior parte mi guarda fisso.
Quasi tutti hanno un bicchiere in mano.
È sicuramente il posto che cercavo.
Due velocissime considerazioni mi trapassano la testa:
1) non ci sono quadri alle pareti
2) tutti quelli che mi guardano, adesso sgranano gli occhi
Perchè?
Nello stesso istante sferro involontariamente un calcio all’allestimento di arte contemporanea, facendo schizzare via un’enorme virgola nera in plexyglass che era posata sul pavimento.
Il fatto è questo:
la “performance” artistica consisteva in una telecamera che riprendeva dall’alto tutta la stanza.
Due grandi coppie di virgole nere, erano poste sul pavimento agli angoli, praticamente queste mettevano “tra virgolette” i frequentatori della mostra.
Cioè noi.
Nella sala adiacente un grande schermo/tv riproduceva al rallenty le immagini appena girate dalla telecamera mostrando le persone virgolettate.
Tutti i presenti nella sala con le virgolette giganti, non appena realizzano che il televisore dell’altra stanza avrebbe ri-trasmesso la scena della mia entrata, si precipitano, alcuni piegati in due dalle risate, davanti al monitor.
Alla moviola si vede perfettamente che io, le due sagome di plastica dura spesse circa due cm., non le avevo proprio viste.
Con il mio fiero passo avevo dato vita all’opera d’arte.
Quella, piatta, nera, scivolosissima scultura, partì come scagliata da un’abile discobolo.
E come un disco sparato rasoterra, la virgola puntava decisa verso le caviglie del pubblico.
Nel grande monitor, quella folla al rallentatore che tentava di schivare il proiettile dalla forma insolita, sembrava una misteriosa danza macabra.
È scoppiato il delirio.
Tra le risate ho sentito perfino qualcuno chiedere più di un “bis”.
L’artista in persona è venuta da me (non capita spesso), si è presentata e mi ha chiesto se ero stupido o che.
Poi si è allontanata sbofonchiando in americano.
Invece di fuggire a gambe levate, mi sono lasciato tenere sott’occhio dal servizio d’ordine per un’altra mezz’oretta buona.